Ne abbiamo già parlato in questa rubrica il mese scorso, ma il tema ha tutt’altro che perso attualità.
Sembra che i prezzi alti dell’energia, oltre che preoccupare come è normale tutti i suoi consumatori, stiano anche liberando un po’ di riflessi condizionati che io trovo più preoccupanti del problema di partenza. Vediamone due:
- Il sogno dell’autarchia energetica: di colpo sembra che l’integrazione dei mercati sia un male. Sento preconizzare lo sviluppo di gas nazionale (quantitativamente irrilevante rispetto alla formazione del prezzo) come panacea, o il “nucleare pulito” in Italia che secondo i suoi supporter è lì pronto ed economico ma inutilizzato per masochismo. Perfino l’ultima relazione di adeguatezza di Terna suggerisce che la capacità di interconnessione è un problema di sicurezza (ma non abbiamo fatto di tutto per aumentarla con nuovi interconnector merchant e non, ritenendo che un mercato più integrato sia anche più economico e sicuro? E non è proprio grazie all’interconnessione che abbiamo per decenni fatto gioco di squadra con la Francia importando energia nucleare di notte per stoccarla grazie ai bacini idroelettrici italiani?)
- La scomparsa del vincolo di bilancio pubblico: come ha (credo saggiamente) riferito il ministro Cingolani in Parlamento il 19 gennaio, forse dovremmo porre un argine all’idea che di colpo possiamo fiscalizzare le bollette di privati e aziende. Per non offendere nessuno mi ci metto io: qualcuno dei gentili lettori è forse contento di pagarmi uno sconto su gas e elettricità, tenendo conto che – pur non ricco – ai numi piacendo io non sono un “povero energetico”? Forse non è così sensato pagare gli aumenti con le tasse in modo indiscriminato, no?