Con i prezzi energetici all’ingrosso alle stelle e difficili da prevedere per il futuro, i venditori al dettaglio di energia stanno attraversando un periodo di disorientamento.
Le forniture a prezzo fisso negoziate prima dell’autunno 2021 e ancora attive oggi sono convenienti per i clienti rispetto al nuovo prezzo all’ingrosso e alle forniture ad esso indicizzate, ma si tratta di contratti in molti casi prossimi alla scadenza. Ed è quasi inevitabile che il venditore ne proponga un rinnovo a condizioni molto diverse.
La mia esperienza personale non fa eccezione. Il mio fornitore di gas mi ha preannunciato con una lettera (anche se in teoria io avrei scelto le comunicazioni via mail) che tra tre mesi sostituirà l’attuale prezzo fisso con uno variabile, collegato al PSV, cioè un indice (peraltro non pubblicato ufficialmente, se non sbaglio) del prezzo spot italiano. Lo stesso fornitore mi spiega nella sua lettera che in un contesto così estremo e difficile da prevedere un prezzo variabile è più sensato di un prezzo fisso, visto che quest’ultimo, quando le cose torneranno normali, si rivelerebbe immediatamente vessatorio.
Il mio fornitore ha ragione su questo. E la sua posizione dipende anche da un aspetto regolatorio non indifferente: il diritto del cliente di energia domestico di recedere in breve termine da qualunque contratto indipendentemente dalla durata di fissazione del prezzo.
Di primo acchito, questo diritto può sembrare desiderabile, visto che si tratta di un’opzione con un valore notevole: andarsene subito da un contratto di fornitura divenuto non competitivo rispetto al mercato. Ma se le regole sono queste i fornitori necessariamente devono tenerne conto quando fanno offerte a prezzo fisso. Cioè tener conto del fatto che non appena il prezzo spot sarà sensibilmente più basso, e con un trend consolidato, il cliente se ne andrà.
In tempi di prezzi altissimi, come oggi, è verosimile che il futuro riservi qualcosa di almeno un po’ migliore. Quindi è ragionevole che i prezzi fissi siano competitivi rispetto allo spot. Ma anche se i fornitori si aspettano cali dello spot, in un contesto in cui il cliente non si impegna a restare per la durata del prezzo fisso non hanno alcun interesse a fare prezzi fissi che anticipino davvero le aspettative di calo, ma solo a essere un po’ più bassi dello spot. Tanto più avanti, se il prezzo calerà, il cliente se ne andrà comunque. Alla luce di questo, il diritto di uscita del cliente si trasforma addirittura nella causa di un fallimento del mercato nel fornire prezzi fissi pienamente competitivi.
E questo, insieme alla obiettiva difficoltà di coprire in questo contesto le fluttuazioni del prezzo, probabilmente contribuisce a spiegare il recente calo delle offerte a prezzo fisso raccolte nei vari motori di confronto offerte pubblici e privati.
C’è infine un’altra fonte di incertezza di cui i venditori probabilmente devono tenere conto, almeno se ritengono rilevante la sensibilità (elasticità) al prezzo dei loro clienti: le politiche pubbliche di contenimento del costo dell’energia.
Nei decreti di emergenza che si stanno susseguendo, non solo sono state socializzate parti cospicue dell’aumento, ma è avvenuta per emergenza ciò che da molti era stato invocato per anni: la fiscalizzazione degli oneri generali delle bollette elettriche. Quanto durerà? Quanto a lungo ce lo possiamo permettere? E ancora: come interagirà con efficienza e demand response?