Stiamo scoprendo cose nuove con la crisi dei prezzi energetici in atto?
Forse ne stiamo riscoprendo alcune già note, ma a rischio di oblio.
Prendiamo la questione “razionamenti”. Mentre scrivo questo pezzo, indiscrezioni su un nuovo piano dell’UE riferiscono dell’introduzione di aste per identificare i consumatori industriali disposti a ridurre i consumi.
In tempi normali, avremmo dato per scontato che questa funzione di selezione sia svolta dal prezzo, che è appunto l’esito di una procedura competitiva (il mercato) che fa sì che i beni vadano a chi è disposto a pagarli di più. Invece, in questi tempi eccezionali (ma davvero resterà un’eccezione?) in cui i prezzi dell’energia sono mantenuti artificiosamente più bassi per varie o tutte le categorie di consumatori rispetto a quanto sarebbero in assenza di interventi pubblici, serve un doppio artificio per annullare l’artificio dei sussidi e scoprire effettivamente chi accetta una compensazione più bassa in cambio di ridurre i consumi.
Malgrado tutto, però, i prezzi comunque alti stanno funzionando nell’indurre al risparmio. Basta guardare i dati dei consumi gas di giugno, che si presentano per residenziale e industriale in discesa di circa il 10% rispetto a un anno prima. Un dato impressionante ma anche chiaro nel mostrare perché una politica di sostituzione a qualunque costo dell’intera fornitura russa è un errore: perché non di tutti quei volumi avremo ancora bisogno finché questi sono i prezzi. E anche dopo, visto che almeno in parte le riduzioni diventeranno strutturali (fonti rinnovabili, efficienza, cambio di abitudini). Si è purtroppo mosso in senso contrario l’aumento dell’uso del gas termoelettrico (a causa della drammaticamente minore disponibilità dell’idroelettrico di questa stagione, che speriamo resti un’eccezione pur nell’ambito dell’avverso – e terribile – trend climatico).
Un’altra riscoperta (ma molto faticosa e ancora in una fase di travaglio, almeno in Italia) sono le politiche di risparmio energetico. Quando l’energia era un monopolio, era normale che l’ENI (allora SNAM) facesse campagne su come moderare i consumi (ricordate i disegni di Folon?). Oggi, quando abbiamo superato i 30 miliardi pubblici in sconti al prezzo dell’energia, ci stiamo riaccorgendo che se un bene è essenziale e ha costi (in parte) socializzati allora lo Stato dovrebbe aver voce in capitolo almeno nel sensibilizzarne un uso ragionevole, se non addirittura nell’imporre limitazioni come quelle sulle temperature e gli orari della climatizzazione invernale ed estiva, come infatti sia l’Europa sia l’Enea e finalmente lo stesso Governo – stando a dichiarazioni di Cingolani quando scrivo questo pezzo – si stanno preparando a fare.
La buona notizia, a proposito di risparmi per la climatizzazione, è che una casa meglio coibentata e con infissi moderni (aspetti su cui un ventennio di politiche fiscali incentivanti hanno fatto molto) è un luogo che certamente facilita la moderazione dei consumi.
L’ultima riscoperta che desidero citare riguarda le imposte fantasiose, ma è una riscoperta che non è ancora avvenuta. Imposte sugli “extraprofitti” che in realtà vanno a colpire modifiche di fatturato, magari con logiche discriminatorie tra i settori, e che non si basano sull’indicatore naturale dell’effettivo profitto (cioè il profitto).
La Corte Costituzionale potrebbe dirci tra qualche mese o anno che si tratta di imposte illegittime, come fece con la vecchia “Robin Hood Tax” di cui però non pretese la restituzione da parte dello Stato. Se così sarà anche stavolta, si confermerà che le imposte non basate sull’effettiva capacità contributiva si possono di fatto applicare, almeno per un po’, anche se sono incostituzionali.