Che sfortuna, mi ha detto mia sorella al telefono, mentre io non potevo evitare di pensare agli invasi che si riempivano e alla quota di idro che sarebbe finalmente aumentata (insensibile, direte voi). Ma ti rendi conto, mi ha detto, uno aspetta tanto e poi viene giù una bomba d’acqua. Vabbè, poteva andare peggio e comunque non è male che piova, le ho detto sovrappensiero, immaginando il PUN degli ultimi mesi aridi. Non mi è parsa molto d’accordo, almeno a giudicare da dove mi ha mandato…
Ma mentre ridacchiavo silenziosamente per l’ennesima fraterna provocazione (questa volta quasi non voluta), ho cominciato a immaginare Renato mentre cantava I migliori anni della nostra vita a migliaia di fan fradici e infreddoliti. Mi è sembrata una scena un po’ comica e un po’ stonata. Non so se davvero abbia fatto in tempo a cantarla prima dell’interruzione, ma, al di là del vero significato della canzone, un ritornello così… sotto un temporale che avrebbe interrotto il concerto, dopo una pandemia devastante di due anni e in pieno clima di guerra contro la ex URSS… beh, un po’ mi ha fatto sorridere. Non me ne vogliano i sorcini e non me ne voglia mia sorella. È una canzone meravigliosa, come tante altre ne ha scritte. Ma quel pensiero mi ha accompagnato per tutta la serata, anche se poi si è trasformato inaspettatamente in una riflessione. Quali sono stati, o quali sono i migliori anni della nostra vita? Non a livello personale, ma come equilibri geopolitici degli ultimi anni. Ci sono stati? Il dopoguerra? La fine della guerra fredda con Michail Gorbačëv? O forse i migliori anni della nostra vita devono ancora arrivare?
Personalmente non so se una crisi acuta come quella che stiamo vivendo oggi nell’energia sia risolvibile con rimedi strutturali i cui effetti si protrarrebbero nel medio lungo termine. Parlo di riforme radicali del mercato e investimenti. Quello che so è che abbiamo scoperto il valore dell’energia. E non è un male. Forse questi non saranno i migliori anni della nostra vita, ma magari stiamo imparando (amaramente) che il processo di cambiamento delle nostre fonti energetiche deve essere accelerato in fretta e che qualsiasi nome vogliate dare all’energia (kWh, Joule, caloria, Pippo, Pluto o Topolino) è qualcosa di prezioso e per questo deve essere risparmiato.
Credo e ho sempre creduto nei mercati liberi e nei segnali di prezzo. Non penso che la struttura di un mercato possa essere cambiata quando il prezzo che si forma non ci piace più. E non parlo di mercati a termine (per cui valgono altre dinamiche e altre valutazioni), ma di mercati spot. Quando un prezzo non ci piace più non è colpa del mercato, ma dei sottostanti che concorrono alla formazione di quel mercato.
Il momento è delicato e non possiamo rischiare che tante aziende chiudano e che le famiglie rimangano al freddo. Va bene il razionamento (che di fatto già si sta auto attuando con l’”elasticizzazione” – passatemi il termine – della domanda a causa dei prezzi stellari degli ultimi mesi), ma forse l’intervento nel breve dovrebbe essere mirato a salvaguardare gli energivori e le famiglie con interventi d’emergenza. Solo in seguito, con maggior calma, si potrà riflettere sulla struttura del mercato del futuro.
Insomma, forse i migliori anni della nostra vita (almeno energetica) devono ancora arrivare. Ci sarà da rimboccarsi le maniche. Ma arriveranno.
E comunque alla fine ho ceduto. Ho messo le cuffie alle orecchie e ho ascoltato la canzone al massimo volume, cantandola a squarciagola. Non so se mi abbia sentito qualche vicino, ma pazienza. Una canzone così non può che essere cantata gridando.