Chi lo avrebbe detto? Il bilancio gas Italia 2022 è più “lungo” di quello precedente, tanto che abbiamo iniziato il 2023 con gli stoccaggi più pieni di un anno fa (e non di poco: 84% vs. 68, e SNAM prevede salvo sorprese 3 miliardi di m3 ancora in stoccaggio a fine inverno – contro 0,69 nel 2022). In altri termini, potremmo archiviare molto presto il primo inverno di emergenza.
Durante il picco estivo del prezzo, mentre molti parlavano di “new normal” con prezzi del gas a 300 €/MWh, osservando i trend di domanda, la sua elasticità e l’esperienza da crisi pregresse, si poteva prevedere (e Sparks l’ha almeno in parte fatto, così come l’ha fatto ECCO Think Tank di cui guido il comparto power&gas) che una parte rilevante di quel fabbisogno su cui il governo motivava misure di emergenza a nostre spese avrebbe potuto venir meno.
Osservavo anche che fosse forse eccessivo fare i conti con zero gas russo mentre la stessa Eni – si presume in accordo con il Governo azionista di maggioranza – stava attenta a gestire i contratti con Gazprom in modo da non incorrere in una loro violazione unilaterale.
Cos’abbiamo imparato per ora da questo scenario per molti inatteso (e che potrebbe modificarsi temporaneamente se il clima dovesse tornare normale, ma che a questo punto difficilmente diventerà critico in questo stesso inverno salvo elementi nuovi gravissimi – come ha detto lo stesso presidente dell’ARERA Besseghini)?
Secondo me abbiamo imparato:
- Che le famiglie e le aziende sono state più sensate del Governo nelle reazioni alla crisi energetica: hanno risparmiato e accelerato l’investimento in rinnovabili.
- Che il Governo dei tecnici paradossalmente è stato più timoroso del successore di suscitare preoccupazioni tra la gente, tanto che ha evitato quasi del tutto di invocare risparmi che peraltro il sistema economico e le famiglie stavano comunque mettendo in campo, e ha preferito rassicurare senza badare a spese di denaro pubblico, puntando da un lato sullo riempimento degli stoccaggi a qualunque costo, dall’altro su infrastrutture che saranno pronte a emergenza pressoché finita, e che si baseranno su dipendenze commerciali (in particolare con Algeria e Qatar) non molto diverse da quella con la Russia che oggi tutti esecrano.