Conversando sulla Transizione Energetica con Francesco Lepre, Direttore clienti Top & Origination Duferco Energia.
Oggi con un Ministero per la Transizione Ecologica affidato al fisico Roberto Cingolani e le importanti risorse previste all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si può davvero aprire una nuova fase per il settore energetico italiano?
Sì, senz’altro. Questa pandemia ha portato e sta tuttora portando tanta sofferenza. Ma dobbiamo sforzarci di cercare quello che di positivo ci può essere in questo contesto, riuscendo a individuare le opportunità per il Paese. Stiamo vivendo la nostra guerra. Dobbiamo quindi essere pronti a vivere il nostro dopoguerra, come hanno fatto i nostri nonni in passato. Il PNRR potrebbe avere un potere deflagrante maggiore di quello che ebbe il Piano Marshall nel ’47.
Il messaggio che il nuovo Governo ha trasmesso attraverso la nascita del Ministero della Transizione Ecologica è chiaro e diretto: il momento è arrivato. Dobbiamo occuparci del nostro pianeta seriamente. L’energia ci circonda, tutto è energia intorno a noi. Ma dobbiamo cominciare a pensare a soddisfare i nostri bisogni in modo diverso.
Le aspettative sulle nuove politiche ambientali sono in effetti alte, ma da tanto si parla di Transizione Energetica senza che se ne apprezzino significativi risultati, escludendo ovviamente la crescita delle fonti rinnovabili.
Sì, è ormai da diverso tempo che sentiamo parlare di Transizione Energetica e talvolta si ha l’impressione che questi termini siano abusati, utilizzati impropriamente, o usati senza avere chiaro cosa con essi si intenda. La transizione energetica passa prima di tutto da un cambio di mentalità. Occorre modificare il nostro modo di pensare e di concepire l’energia. Non si può pensare come cambiare se non si cambia come pensare.
Vivere in modo sostenibile non vuol dire solo consumare energia rinnovabile. L’energia più pulita è quella che non consumiamo. Poi c’è quella che consumiamo in modo intelligente. La transizione energetica parte dalle nostre abitudini energetiche. Quindi parte dal consumo e non dalla produzione. La produzione è una conseguenza, una risposta alle nostre richieste. Dobbiamo cominciare quindi a consumare meglio. Il cambiamento risale poi su tutta la filiera, accompagnato parallelamente dall’evoluzione tecnologica.
La Transizione Energetica non sarà quindi solo un ulteriore sviluppo del rinnovabile, ma una trasformazione dell’intera filiera e del ruolo dei soggetti coinvolti rappresentanti l’offerta, la domanda, la trasmissione e la distribuzione. Ha ancora senso in quest’ottica considerare l’energia una commodity?
Dipende. Se immaginiamo un mercato elettrico ancora come quello del Decreto Bersani (nel quale il mondo si divideva tra chi forniva energia, chi la consumava), allora sì, ha ancora senso parlare di commodity. Ma se pensiamo a un contesto nel quale in futuro la parte prevalente delle transazioni sarà legata all’erogazione di servizi, allora le cose cambiano radicalmente. L’incremento delle rinnovabili ha già cambiato sensibilmente la struttura dei prezzi dell’energia, ponendo tra l’altro l’attenzione al tema dei servizi di rete. Il Mercato del Giorno Prima dell’energia è un system marginal price e il prezzo che si forma dovrebbe riflettere i costi marginali della produzione.
Se immaginiamo di applicare un simile assetto di mercato a uno scenario in cui l’offerta fosse rappresentata sostanzialmente da impianti a fonti rinnovabili probabilmente avremmo un costo marginale pari a zero e dei costi fissi molto alti. Il valore del kWh sarebbe quindi estremamente più basso rispetto a quello dei servizi necessari a stabilizzare la rete. Sempre in questo contesto la capacità installata dovrebbe essere vista allora come un’opzione finanziaria il cui premio sarebbe caratterizzato da un corrispettivo fisso per ogni kW messo a disposizione. Ma questo non è altro che il Capacity Market. Ecco che quindi si abbandona il concetto di commodity per entrare in un ben più ampio mercato dei servizi, dove si negozierà flessibilità portata dalle nuove tecnologie e da una rete finalmente intelligente.
Questo scenario prefigura una significativa riduzione dell’importanza degli attuali mercati dell’energia, forse in favore di una crescita dei contratti di approvvigionamento bilaterali da fonti rinnovabili (FER). Corretto?
Ovviamente non si vivrà di sola flessibilità e le aziende continueranno ad avere bisogno di energia per produrre i loro prodotti. Ma è verosimile pensare che una buona fetta dell’energia necessaria possa essere fornita attraverso Green Long Term PPA, contratti di lungo termine da fonti rinnovabili. Non dimentichiamoci che gli obiettivi posti in Italia sull’energia rinnovabile prevedono 52 GW di potenza installata di fotovoltaico (oggi siamo a circa 22) e oltre 22 GW di potenza eolica (oggi siamo a circa 11). Come farlo se non rendendo finanziabili i progetti attraverso contratti di lungo periodo? La rappresentazione dei mercati a termine dell’energia su prodotti standard di lungo periodo potrebbe quindi perdere la sua significatività, essendo l’approvvigionamento in parte fornito quindi da contratti bilaterali FER. Quello che rimarrà da negoziare sarà la modulazione, ovvero la flessibilità, del breve periodo.
L’innovazione tecnologica sta correndo a ritmi impressionanti e le soluzioni attuali in tema di produzione, distribuzione e accumulo probabilmente tra pochi anni saranno superate. Si può pensare oggi a un sistema energetico regolato che possa stimolare l’innovazione applicata e non si ancori a salvaguardare i vecchi investimenti e le rendite di posizione?
Questo è un tema delicato. L’equilibrio tra mercati regolati e mercati liberi è da sempre oggetto di discussione, almeno nella metodologia e nella misura in cui essi vengono utilizzati. La tecnologia corre a grandi passi, ma non è un segreto che ad oggi molte delle nuove soluzioni mirate ad un futuro più sostenibile dal punto di vista economico non siano ancora attuabili.
Del resto, sono trent’anni che diciamo che tra trent’anni finirà l’epoca del petrolio. La verità è che fino ad oggi abbiamo continuato a utilizzare fonti fossili come petrolio e carbone solo perché continuano ad essere le più economiche. Solo un meccanismo come quello dell’Emission Trading System europeo ha reso antieconomica la generazione da carbone. L’ETS ad esempio sarà un fattore discriminante nel prossimo futuro per tecnologie innovative e sostenibili.
Tutti i sistemi fisici tendono all’economicità e questo è vero anche per i sistemi economici. Per questo motivo i business regolati potrebbero essere le leve per spingere le soluzioni tecnologiche innovative e sostenibili verso l’economicità e quindi verso la loro diffusione.