di Francesco Lepre.
Com’è difficile scrivere oggi. Una manciata di giorni e ci siamo ritrovati tutti dentro casa, chiusi e isolati. È arrivata, l’onda arrivata. Sembrava così lontana e poi è arrivata. Difficile parlare di energia in un pomeriggio qualunque, che sembra quello di una qualunque domenica. Tutto vuoto in strada in un silenzio assordante. Il mondo si è fermato.
Mi è venuta in mente una canzone bellissima di John Mayer. È una canzone splendida e vi invito ad ascoltarla, magari leggendo questo articolo. Mi è venuta in mente, dicevo, mentre vedevo le scene di medici stremati nelle corsie degli ospedali lombardi. Foto di volti segnati da lividi provocati da mascherine. Ho pensato a noi, a tutti noi. Ho pensato che fosse una canzone da dedicare all’Italia.
Non è il momento delle polemiche, non è il momento delle critiche. È il momento di essere un Paese unito. Il mondo ci guarda, per il triste primato che abbiamo. Tuteliamo le nostre radici. Come un albero, ne abbiamo bisogno per crescere.
Stiamo vivendo un periodo tristemente storico. Leggeremo pagine e pagine dedicate a questo terribile periodo. Avremo davanti ai nostri occhi Papa Francesco in una piazza San Pietro vuota e lucida di pioggia. Mi ha inorgoglito vedere il Presidente Mattarella, il mio Presidente, emozionato, parlare alla Nazione. Siamo uniti!
In un momento di dolore come questo abbiamo anche il tempo per riflettere, per pensare. A distanza di mesi, forse anni, riusciremo a vedere con lucidità questa situazione. Ma ora, senza alcuna esperienza, con i camion militari a Bergamo pieni di bare che ci sfilano davanti agli occhi e si imprimono nella nostra memoria per sempre, rimaniamo immobili senza parole, con un nodo in gola e senza il coraggio di spiegare ai nostri bambini che quei camion sono pieni di nonni e nonne (e non solo).
Intanto l’Europa tentenna. Tante parole, tanta diplomazia. Ma l’Europa tentenna.
Ci rialzeremo! Ce la faremo. Siamo stati i primi a cadere, saremo i primi a rialzarci!
Ma dovremo ripensare al nostro sistema economico. Qualcosa non ha funzionato. In un mondo globalizzato, dove le distanze sono ridotte e i confini non esistono più, siamo un unico sistema, ma ciascuno continua a giocare con le proprie regole.
Dov’è l’Europa quando di più ce n’è bisogno? Ci voleva una pandemia per capire che il giocattolo non funzionava?
Siamo connessi con ogni angolo del mondo, possiamo conoscere in ogni istante la posizione di ciascun abitante della Terra. Trasportiamo merce da una parte all’altra del pianeta. Poi all’improvviso un virus mette in ginocchio il mondo.
Si fermano le economie mondiali e con essi crollano i consumi. È un fuori programma. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che potesse succedere.
Tutto il mondo con il naso attaccato alla tv a leggere numeri e a cercare spiragli di speranza tra curve statistiche di cui capiamo poco. Si moltiplicano le analisi e proliferano le previsioni: si aspetta il picco dell’onda.
È solo un’onda, Italia! E quando arriva, devi solo aspettare.
Stiamo a casa, fidiamoci di ciò che ci viene detto. Ci sarà tempo per capire. Non ora.
Questo periodo ci sta forse anche umanizzando di più. Nelle videoconferenze compaiono i figli e i volti di colleghi austeri e impenetrabili si raddolciscono. Un’invasione forzata, che ci unisce negli sfondi di armadi e pareti delle nostre camere e studi.
È solo un’onda! Dobbiamo aspettare.
I consumi energetici crollano del 20% e la rete rischia la destabilizzazione. I forward sprofondano, ancorati a fondamentali che hanno perso il loro significato. L’economia è in pericolo e dobbiamo evitare il paradosso che il COVID19 generi meno danni delle decisioni prese per gestirlo.
Ma l’Europa tentenna.
Ce la faremo! Ce la faremo! Stringiamo i denti e saremo anche noi un pò eroi. Resistiamo per noi e per le nostre radici! Difendiamole, perché sono il nostro patrimonio. L’orgoglio di un Paese che tutela la vita fino alla fine, che allunga la memoria.
È solo un’onda e io so che quando arriva devo solo aspettare finché non se ne sarà andata…
L’articolo di Nuova Energia