Un ponte che porta in sé i segni della sostenibilità e della bellezza. Un ponte lanciato verso il futuro ma che non vuole e non può dimenticare la tragedia dalla quale è nato. Il nuovo Ponte Genova San Giorgio, frutto della genialità dell’architetto Renzo Piano e della capacità costruttiva e dell’energia di due campioni del made in Italy – Fincantieri Infrastructure e Salini Impregilo (Webuild) – ha un’anima d’acciaio e di acciaio vive.
E una parte di quest’acciaio ha il marchio di Duferdofin-Nucor, azienda del gruppo Duferco. Un’opera nata dal dolore che consegna la speranza e rende orgogliosi. E un po’ di quest’orgoglio ha il cuore delle donne e degli uomini di Duferco.
Essere in qualche modo, da liguri, gli ultimi eredi di una gloriosa tradizione siderurgica genovese, ed aver potuto partecipare a questa incredibile realizzazione in qualche modo mi è sembrato un segno del destino. Ho pensato alle decine di uomini, tecnici, ingegneri, semplici operai alcuni dei quali purtroppo non ci sono più, prevalentemente genovesi e quasi tutti provenienti dall’Italsider (come allora si chiamava la siderurgia di Stato italiana) a partire dal nostro fondatore Bruno Bolfo, che in questi quaranta anni hanno accompagnato e reso possibile la crescita di Duferco.
Il giorno dell’inaugurazione ero sul ponte e mentre sentivo l’inno di Mameli e ‘Crêuza de mä’ vi confesso che ho pensato a loro e ho immaginato il loro orgoglio e felicità per la partecipazione di Duferco a questa impresa corale dove il meglio dell’Italia si è messo in gioco.
Lo abbiamo fatto rispondendo a un ordine di Fincantieri Infrastructure che chiedeva una fornitura di oltre 500 tonnellate di angolari (L150x10 – L150x15) e una fornitura di travi (HEA 120 – HEA 160 – HEB 300). Un rapporto, quello di Duferco con il colosso della cantieristica e delle costruzioni in acciaio, che dura da tempo.
Ma torniamo al Ponte. Per dare il senso di questa realizzazione, che si candida a rappresentare l’Italia nel mondo, bastano alcuni numeri: una lunghezza complessiva di oltre un chilometro; 18 pile di cemento armato; 19 campate a costituire la travata continua dell’opera. Le 18 pile hanno una sezione ellittica a sagoma costante. La forma dell’impalcato richiama la carena di una nave. A ricordare le vittime del crollo, 43 lampioni che proietteranno una luce a forma di vela.
Da record i numeri dell’impalcato principale: 80.000 metri cubi di scavi, 9000 tonnellate di acciaio in armatura, 67.000 metri cubi di calcestruzzo utilizzato, 17.000 tonnellate di acciaio in carpenteria metallica (dati ufficiali PerGenova).
Ma oltre i numeri mi piace soffermarmi sul senso, sui sentimenti e sulla magia.
Il senso è quello della bellezza e della forza che sconfiggono il male e le tenebre. La scelta di affiancare il nome di San Giorgio a quello di Genova per il nome del Ponte io l’ho letta così. San Giorgio non è il patrono di Genova, ma c’è un legame così forte tra la città e il cavaliere che uccise il drago che nel Medio Evo venne adottata la croce di San Giorgio – rossa su fondo bianco – come vessillo della Repubblica di Genova. L’iconografia e il culto popolare vedono San Giorgio sempre come il santo che sconfigge con la forza il male (il drago appunto) e libera la popolazione di una citta libica, Selem, che si affaccia sul Mediterraneo.
I sentimenti sono quelli del dolore e della solidarietà, dell’orgoglio, della magia.
Solidarietà naturalmente ai parenti delle vittime, ma anche ai più di mille lavoratori che senza sosta, senza paura, nonostante il Covid in tempi record sono riusciti a completare la realizzazione nei tempi previsti.
L’orgoglio è quello che si è detto, nella partecipazione a una straordinaria impresa italiana che mostra che quando vuole il Paese ce la fa.
Infine la magia. Il termine è stato pronunciato nel bellissimo intervento di Renzo Piano il cui link si trova in calce a questo editoriale. Un bellissimo intervento fatto a braccio dove il senso dell’opera, i sentimenti generati e la magia si sono fusi in un momento di altissima commozione.
Due passaggi in particolare mi hanno colpito. La citazione di Giorgio Caproni su Genova come città “di ferro e di aria” e l’evocazione della magia del ponte che gioca e giocherà con il vento e la luce e dello stupore della gente che verrà da Nord e che grazie al Ponte Genova San Giorgio vedrà il Mediterraneo.
Renzo Piano è un uomo di mare e conosce il fascino invincibile che ha, per noi liguri, navigare nel Mediterraneo verso il Sud. La magia è quella luce verso la quale si va che, a qualunque ora del giorno, affascina e consola i naviganti. È una luce e un’emozione che i continentali non conoscono e non capiscono fino a quando non vedono il mare, fino a quando non riescono ad affacciarsi verso di lui. Il nuovo Ponte Genova San Giorgio sarà uno di questi affacci.
Le Frecce tricolori hanno sorvolato il ponte provenienti da Nord e dirette a Sud come se volessero indicarci una direzione. L’arcobaleno è stato il gioco di luce che il destino ha donato magicamente al momento. Ha avuto ragione Renzo Piano a parlare di magia. Come definire se no tutto questo?
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