Con il 2019 si è concluso un anno elettrico di grandi novità. Oltre alla prima asta FER (con prezzi sopra le aspettative iniziali, non essendo stata prevista la saturazione) e le prime del Capacity (anche queste non saturate e con ca 1,8 GW di nuova potenza allocata a 75.000 €/MW e con ca 35 GW di potenza esistente allocata a 33.000 €/MW con decorrenza sul 2022 – sul 2023 sono stati assegnati ca 4 GW di nuova potenza), il 2019 ha anche segnato la saturazione delle aste annuali 2020 dedicate alle UVAM.
Grandi passi che si muovono nella direzione del nuovo mercato.
Ci dirigiamo verso un mercato più flessibile…più flessibile e più pulito (ricordiamoci che la SEN prevede il phase outdel carbone in Italia entro il 2025).
Ma la saturazione (attraverso le aste annuali per il 2020) della capacità disponibile UVAM apre la porta a qualche riflessione di tipo tecnico-economico nel merito.
È stato confermato l’interesse da parte dei partecipanti (UC, UP, BSP) ad uno strumento che sta rapidamente inducendo storici attori del mercato a vedersi come neo-attori attivi in un mercato fino a poco tempo fa a loro precluso: quello dei servizi. Un primo obiettivo può essere stato senz’altro questo e lo si può considerare raggiunto. Non è sempre così scontato (e questo vale soprattutto per i clienti finali) entrare nell’ottica di non essere più solo dei consumatori puri, degli utenti che attaccano la spina alla presa della corrente elettrica e consumano elettricità destinata ad alimentare le linee produttive. Sarebbe più semplice per clienti già da tempo impegnati a fornire servizi, come gli interrompibili. Ma loro sono i meno coinvolti sulle UVAM, fornendo già un servizio d’emergenza e quindi tecnicamente e profondamente molto diverso.
Sul resto della platea, è interessante e affascinante osservare come molti clienti (siano essi consumatori puri o cogenerativi) abbiano sostenuto il considerevole sforzo di studiare un meccanismo nuovo di valorizzazione della loro capacità di modulazione. Per nulla scontato, dicevamo. Tale risultato è stato raggiunto in parte grazie alla capacità di molti operatori di divulgare una disciplina tecnica a tratti articolata; resta tuttavia il grande merito degli utenti finali di avere compreso il senso e il valore tecnico di essere presenti (a prescindere dai riconoscimenti economici) in un meccanismo che rappresenta un solco indelebile, forse il primo strato di una strada (la cui etimologia ci riporta appunto allo stratus romano).
L’UVAM sta spingendo i clienti finali a considerare il loro stesso consumo di energia come un asset da gestire. Un asset che può generare valore, generando valore alla rete. Tale valore è dato dalla flessibilità che può essere fornita al sistema. Che valore ha la flessibilità?
Il raggiungimento della saturazione sul 2020 avrà una conseguenza diretta sull’eventuale asta annuale 2021: in un mercato, sebbene non marginale, raggiunta la saturazione, il prezzo medio di assegnazione tenderà al livello del valore “reale” (o percepito come reale) di quel servizio. Sarà interessante capire fino a dove si spingerà l’offerta per fornire tale servizio.
Intanto, però, potrebbe essere opportuno riflettere sul fatto che la saturazione sul prodotto annuale di un servizio legato alla flessibilità, potrebbe rischiare di escludere soggetti che per tipologia di produzione, caratteristiche tecniche o esigenze di mercato, sarebbero più inclini ad essere flessibili in periodi diversi dall’anno. In altre parole, non poter concorrere ad un mercato della flessibilità perché si è “troppo” flessibili (questo vale ad esempio per clienti finali che, per stagionalità della propria produzione core, non possono essere disponibili in tutti i periodi dell’anno, ma che potrebbero mettere a disposizione il loro impianto in tutti gli altri periodi), potrebbe non essere completamente efficiente.
Se in futuro dovesse servire sempre più flessibilità (pensiamo a quanta capacità FERNP verrà installata da qui al 2030), potrebbe avere senso ipotizzare di coniugare tale esigenza con le risorse effettivamente efficientemente flessibili e fortemente motivate a rendere disponibili i propri “asset”, aumentando ad esempio le aste mensili.
D’altra parte, il sistema elettrico necessita di diversi gradi di flessibilità nei diversi periodi dell’anno (pensiamo ai picchi di domanda estiva, ad esempio, con maggiori criticità nel bilanciare il sistema in caso di default di qualche grande centrale di produzione). In tal senso, l’opportunità (coniugata con il concetto stesso di flessibilità) potrebbe essere quella di tradurre questa oggettiva esigenza in fabbisogni di potenza UVAM differenziati per mesi, variando dunque anche la domanda. Un tale approccio potrebbe contribuire a trasferire ancor di più agli attori/prestatori dei servizi di flessibilità il concetto stesso di gestione ottimizzata delle loro risorse, mettendole a disposizione in modo virtuoso per il sistema. Tali concetti potrebbero essere tradotti in MW aggiuntivi nelle prossime aste mensili.
E mentre si guarda con curiosità al progetto UVAS (sebbene per servizi diversi da prestare alla rete), la mobilità prende piede e le grandi aziende cominciano a muovere i primi passi reali. Quanto concorreranno le batterie alla flessibilità del sistema? Grandi capacità e piccole capacità.
Ora, mentre scrivo ad un tavolo di un pub di Milano per cenare qualcosa al volo, con la mia seconda birra quasi finita, di fronte a me decine di ragazzi ballano al ritmo di un’irresistibile Dance Mokey. Penso che tutto è davvero energia. Loro ballano, io scrivo, lei canta. Saltellando qua e là sulla tastiera del mio pc, penso “Grande Toni Watson!” Io scrivo e loro saltano al ritmo della musica.
E mi torna in mente che a Rotterdam già qualche anno fa era stata inaugurata una discoteca completamente ecosostenibile, che sfruttava il ballo per generare e immagazzinare energia. L’idea era quella di utilizzare questa forma di energia come integrazione a quella fotovoltaica ed eolica. E le birre? Ecosostenibili anche quelle!
Ormai questi progetti sono diffusi ovunque. Una tecnologia che potrà essere esportata anche ai marciapiedi, alle strade percorse dalle automobili, insomma a tutto ciò che è una base su cui muoversi: potrebbe diventare impossibile non generare energia!
Ci conviene ballare!
di Francesco Lepre
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