Partono i lavori per la costruzione della struttura che ospiterà le famiglie dei bambini ricoverati al Gaslini. Un progetto dell’Associazione Cilla Liguria, con il sostegno di Duferco Energia, Erg e Fondazione Carige.
Articolo tratto da La Repubblica del 21 maggio 2018 di Stefano Origone
Accoglienza e condivisione. Teatro, arte, laboratori di disegno, doposcuola, musicoterapia, cohousing e team cooking, perché la cucina è un perfetto strumento di aggregazione e attività ludica, un momento relazionale e rilassante.
Nasce con questo spirito e il nome di un fiore, Alecrim Dourado, la nuova casa di accoglienza dell’Associazione Cilla Liguria per famiglie di bambini che vengono curati al Gaslini. I lavori sono in corso nella “casa” della Suore Cappuccine di Madre Rubatto in via Gibilrossa a Quinto, dove si stanno realizzando 14 mini-appartamenti su due piani e 4 camere per papà single immersi in un giardino colorato, circondati da palme, piante di limoni e rose. Un progetto che prende vita grazie ai privati, a Erg, Duferco Energia e Fondazione Carige, i tre sponsor che hanno permesso di portare avanti un’idea innovativa per combattere il dolore. Il concetto è condividere gli spazi in un “condominio della speranza”, dove anche semplici attività quotidiane come lavare i panni, stirare e appunto cucinare possono lenire, e se possibile, aiutare a superare la sofferenza. Sentirsi a casa, creare ambienti ad hoc, è la cura di Cilla per le famiglie che spesso vengono da lontano e vivendo insieme possono affrontare meglio il percorso di cure dei loro piccoli.
«L’obiettivo che ci siamo posti spiega il presidente di Cilla Liguria, Mario Baroni è quello di creare un habitat che possa migliorare la qualità della vita alle famiglie che già sono state colpite da problemi enormi e che quando arrivano a Genova si sentono sole e lontane». La quinta casa di Cilla (dopo via San Martino, via Monte Corno, via Carrara e viale Fanchini) sta prendendo forma sotto lo sguardo attento dell’architetta Letizia Grasso e Agnese Marchitto, responsabile della struttura e coordinatrice delle attività didattiche, educative e formative con la passione per la fotografia.
«È un progetto molto valido e fatto da persone serie interviene Edoardo Garzone, presidente di Erg -, sarà una coincidenza incredibile, ma è il nostro regalo per gli ottant’anni di Erg. Casa Alecrim mi piace perché non è un dormitorio, aiuta le famiglie a vivere il difficile percorso dei loro bambini da un altro punto di vista». Anche i colori in questa struttura non sono stati scelti a caso. Il giallo tenue rinforza la luce, diffonde energia. La terrazza ricreativa è il giardino d’inverno dove i bambini saranno impegnati nelle attività didattiche, mentre nel parco verranno installati giochi e altalene per rendere la vita più normale possibile.
«L’umanizzazione dei luoghi della cura è importante interviene Antonio Gozzi, presidente Duferco Energia perché quando sta male il bambino, sta male anche la famiglia. Questa struttura ha tutti i requisiti per riuscire a garantire gli ambienti giusti per rendere meno doloroso il loro percorso». Il restyling procede velocemente. Dove ora ci sono sacchi di cemento e cazzuole, verranno allestiti i bilocali, tutti con servizi e citofoni, e la sala medica per fare le cure sul posto. A ogni piano una piccola cucina (due camere le avranno interne per i bambini immunodepressi) per riscaldare il latte, prepararsi una camomilla o un tè.
«Il 42% dei piccoli degenti aggiunge Baroni -, arriva da fuori regione e in una città povera di offerta è necessario allestire strutture che siano a 360 gradi e che siano valide appoggi logistici. La presa in carico, non è solo degli ospedali, ma anche delle associazioni perché è un percorso condiviso. Dobbiamo evitare che questi luoghi diventino lazzaretti, la vita deve continuare anche davanti a situazioni devastanti».
Fondazione Carige sostiene con il massimo impegno questi progetti. «Il 150% dei nostri contributi precisa Marta Crocco, consigliera di amministrazione della Fondazione va al settore volontariato e sociale». Suor Loredana, la madre superiora, è maestra d’asilo, ma la sua passione è la cucina. Sta per buttare i ravioli fatti in casa, il profumo della peperonata si diffonde per le scale. «C’è bisogno di tutto questo racconta -, io ho lavorato tanto al sud e conosco le sofferenze di chi intraprende questi viaggi della speranza. Che piatto preparerò ai bambini? Una bella pasta al pesto, ma quello che importa è dar loro e alle loro famiglie tanto affetto».
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