SYD – The final countdown

Mag 22, 2020 | News

di Francesco Lepre Facciamo un salto nel passato. Torniamo a metà degli anni ’80. Band costituite da chili e chili di capelli e pantaloni di pelle, indossati sotto petti nudi di chitarristi eccentrici e batteristi sgocciolanti di sudore. Che tempi! Ho scelto gli Europe per due motivi: il nome della band è evocativo (e tanto di moda in questi giorni) e la canzone che li ha incoronati imperatori della musica rock anni ’80 ha un titolo accattivante e un testo più che mai calzante ai temi che stiamo vivendo: The final countdown. Ok, ok, ragazzi. Proviamo a ripartire. Ma che botta! Comunque proviamo a ripartire. Quante volte abbiamo cominciato il conto alla rovescia per la Fase 2 nel corso delle settimane di marzo e aprile? Un’inesorabile discesa dei consumi energetici ha accompagnato il rallentamento del nostro Paese. Il crollo dei prezzi che ci ha lasciato storditi. Una caduta che per la verità era già cominciata mesi fa (circa -20 €/MWh a gennaio e oltre 18 €/MWh a febbraio). Poi ad aprile i segni del lockdown si sono mostrati in tutti i suoi effetti: circa -30 €/MWh e consumi crollati quasi del 18%. Cosa ci attenderà? Quali saranno gli effetti di questa pandemia? Forse davvero dovremmo cogliere quello che di buono ci potrebbe essere anche in una situazione così drammatica. “Andrà tutto bene!”, il motto di queste settimane di clausura. Ma al di là dei ritornelli a volte stucchevolmente ottimisti, non si sa e non si riesce neanche ad intravvedere quanto tutto sia davvero andato bene. Forse andrebbe chiesto a chi ha chiuso la propria attività e guarda il futuro con incertezza e preoccupazione; o bisognerebbe domandarlo ai familiari di qualche centinaio di migliaia di persone che non ha fatto ritorno a casa da questa guerra virale. Una guerra che non abbiamo ancora vinto e che tanto meno è finita. Forse tutto tutto tutto non è andato bene… Joe Tempest (l’affascinante biondone svedese, nonché leader degli Europe e platonico amore adolescenziale di migliaia di ragazzine in quegli anni) scriveva “immagino non ci sia nessuno da incolpare, stiamo lasciando la Terra, le cose non saranno mai più le stesse?”. Rotta verso Venere: it’s the final countdown. Una canzone in FA♯m (FA diesis minore, per i non appassionati di musica suonata) in cui la voce di Tempest esplode nel conto alla rovescia. Una tonalità stellare da vero rocckettaro…provate solo a canticchiarla, senza “steccare”, ovviamente. Che pezzo ragazzi! Carico fin dalle prime note di sintetizzatore. E dire che inserire un synth in una canzone rock anni ’80 sembrava una mossa da canzoncina pop sdolcinata. John Norum, il chitarrista del gruppo, si oppose inizialmente al suo utilizzo, ma fu Tempest a insistere (per fortuna, aggiungerei). Una discussione che si ripropose anche qualche anno dopo nei Guns N Roses tra Axel Roses e Slash per l’intro della celeberrima November Rain. Ma in questa tempesta di notizie, emozioni, dati, ci domandiamo se c’è qualcosa da salvare. C’è qualcosa di positivo che ci sta portando questa pandemia? I palazzoni di uffici pieni di lavoratori chini sulle proprie scrivanie ci sembrano già un ricordo lontano. Sembrano figli di un’epoca remota. Il piccolo mondo antico della old-economy. Così come le strade intasate di traffico, le metropolitane al collasso e i marciapiedi affollati di gente in giacca e cravatta e tailleur in pausa pranzo. Forse per una parte del terziario questa potrebbe essere davvero una rivoluzione, con risparmi strutturali per le aziende e aumenti di efficienza. Un nuovo modello di business caratterizzato da attività produttive sul campo e attività di “staff” in smart working, magari a rotazione nelle aziende. Come se il Paese fosse un’unica azienda, caratterizzata da una sola grande catena del valore. Per affrontare questa pandemia abbiamo dovuto e dobbiamo raccogliere il nostro coraggio, perché la nostra vita possa mantenere una parvenza di normalità fino a quando non sarà debellato il virus. Lo stesso coraggio che ha spinto molte aziende a partire con un lavoro agile già pronto da mesi (forse anni) e chiuso nel cassetto di qualche “Ufficio Procedure” di troppo. E dal punto di vista energetico la strada è tracciata: sostenibilità e rinnovabile. In queste settimane è ovviamente aumentata la percentuale di energia rinnovabile consumata in Italia. La tecnologia ci supporterà e nell’arco di qualche anno la famosa rivoluzione energetica potrebbe davvero muovere i primi passi. Guardate i morti ogni anno per tumori provocati da una vita spesso fuori dalle regole naturali; oppure i morti per incidenti stradali. A Roma, nel mese di marzo 2020 (nel pieno della pandemia) il numero di decessi è stato più basso del 9,4% rispetto alla media dei mesi di marzo dei cinque anni precedenti! Certo, eravamo tutti a casa. Ma quanta gente muore nel traffico e su strade sconnesse al collasso, non più in grado di assorbire un flusso così intenso? La globalizzazione ha mostrato i suoi limiti “regolamentari” (sebbene in molte occasioni l’associazione della parola “globalizzazione” a quella di “regole” sia suonata come un ossimoro). Non abbiamo saputo (e tuttora non sappiamo) muoverci in modo coordinato e rispettoso verso un mondo divenuto troppo piccolo per tutti noi. Dovremo davvero partire per un pianeta Venere, o saremo in grado di rallentare la nostra virulenza contro l’organismo che ci ospita? Ci vorranno regole chiare e comuni, affinché la globalizzazione possa essere davvero un’opportunità. L’urlo di Tempest ci sprona ed esplode l’assolo di chitarra carica di delay, distorsore e flanger, come si conviene alle migliori chitarre anni ’80. It’s final countdown? E per l’Europa è il conto alla rovescia? Come ne usciremo? Dovremo aspettarci un periodo difficile. Siamo solo all’inizio. Le serrande abbassate di negozi e ristoranti rischiano di essere solo la fine di una filiera lunga e invisibile. Continuano a ripeterci che tutto è cambiato, ormai; che nulla sarà più come prima. Ce lo dicono e spesso l’accezione è negativa. Ma in realtà dobbiamo vedere questo drammatico evento, come un nuovo inizio. Quello che mi viene da pensare anzi è: “Facciamo in modo che tutto sia cambiato! Facciamo in modo che tutto non sia come prima! Facciamo in modo che sia meglio!” al di là dell’impatto sociale che questo virus ha avuto nelle nostre vite. Dovremo rialzarci, dovremo tornare ad abbracciarci, ma facciamo in modo che il nostro mondo sia migliore. Perché questo avvenga, ci vorrà senso di responsabilità comune, a partire dai Paesi UE. Tralasciando quanto le soluzioni adottate per sostenere la ripartenza siano più o meno calzanti ad una Unione che lotta ancora per cercare la sua identità politica, l’Europa avrà il dovere di fare in modo che questa pandemia diventi davvero un cambiamento, perché non si trasformi nel suo countdown. Scarica l’articolo di Nuova Energia